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Normative | Post di Sbertani

DVR si, DVR no per il COVID-19. Proviamo a fare chiarezza.

In queste ultime settimane mi sono trovato a studiare, per motivi professionali, decine di norme e dispositivi emanati per contrastare l’epidemia da Covid-19 e, parlando di Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), mi sono scontrato con l’ennesima questione lasciata alla “libera interpretazione”.

Per uscire dal guado mi sono armato di sana pazienza e ho approfondito le norme cercando quelle risposte che non trovavo. Infatti la questione era dibattuta tra due diverse fazioni, una favorevole ad un aggiornamento obbligatorio del DVR e una orientata verso una semplice "integrazione” delle nuove indicazioni previste dalle varie autorità.
Purtroppo quando le regole non sono chiare, i pareri sono spesso condizionati da fattori che esulano dalla tematica specifica: nel caso del Covid-19 spesso le posizioni sono riconducibili ad interessi relativi ai costi di adeguamento dimenticando che si sta parlando dell’effettiva necessità di un intervento finalizzato alla tutela dei lavoratori. Se poi sia giusto o meno chiedere (o pagare) compensi aggiuntivi per quest’attività “formale” che formale poi non è, se ne può parlare.

Tornando a noi, lo specifico obbligo di aggiornamento del DVR previsto del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, messo in relazione al COVID19, è ragionevolmente subvalente rispetto alle disposizioni emanate in via d’urgenza a tutela dell’incolumità pubblica e della salute della collettività da parte nelle autorità sanitarie e politiche. Sembra pertanto scontato pensare che il titolare di un’impresa sia obbligato ad applicare le norme precauzionali indipendentemente dal proprio DVR, ancora di più visto che trattasi di rischio biologico generico già normalmente valutato in fase di analisi annuale.

E qui si fermano i favorevoli alla tesi del non aggiornamento obbligatorio del DVR: il rischio per il lavoratore non è diverso da quello che può corre un cittadino qualunque durante una qualsiasi attività quotidiana. Il rischio che si correrebbe in azienda rispetto a fuori non cambia. In molti casi è probabilmente vero ma, è sempre così?

La partita si gioca nello stabilire se un operatore è effettivamente sottoposto ad un rischio più elevato durante lo svolgimento del proprio lavoro rispetto a quello “generico” dalla popolazione normale che magari, durante un’epidemia, ha l’obbligo di distanziamento o di rimanere addirittura chiusa in casa. Perché, se così fosse, una nuova valutazione dei rischi finalizzata ad elevare il grado di protezione dei dipendenti rispetto alle precauzioni “standard” diventa a mio avviso obbligatoria.

Ci sono per esempio categorie considerate attività di prima necessità per le quali le autorità sanitarie non hanno “disciplinato” delle regole finalizzate a contrastare l’epidemia e a proteggere gli operatori. Un caso dove il titolare deve ragionevolmente intervenire per ovviare alla “dimenticanza”.

Per onestà, tornando al DVR, dobbiamo dire che ci sono state diverse ordinanze regionali contrastanti, alcune pro e altre contro l’obbligo di aggiornamento del DVR ma, a mio modo di vedere, trattando la specifica tematica in modo generale senza valutare le varie specificità.

Difatti, da una attenta disamina del contenuto delle disposizioni contenute nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, stipulato tra governo e varie organizzazioni datoriali e sindacali e inserito come allegato del DPCM del 26 aprile 2020, sebbene si ponga come utile strumento per affrontare il rischio sui luoghi di lavoro, si evince che deve tuttavia necessariamente essere integrato da una attenta valutazione delle situazioni ed esigenze specifiche che si vengono a creare concretamente in ogni azienda sulla base dei rischi concreti di volta in volta configurabili. E’ un lavoro che certamente il datore di lavoro deve provvedere a svolgere in collaborazione col Responsabile del servizio prevenzione e protezione (RSPP) e col Medico competente, in coordinamento col rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), curandosi di formalizzare le proprie azioni con atti che diano conto del lavoro svolto e ne consentano la tracciabilità.

Riporto testualmente “nella declinazione delle misure del Protocollo all'interno dei luoghi di lavoro sulla base del complesso dei rischi valutati e, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell'azienda, si adotteranno i DPI idonei”. Inoltre “Il medico competente, in considerazione del suo ruolo nella valutazione dei rischi e nella sorveglia sanitaria, potrà suggerire…”. Perché specificarlo se non fosse previsto?

Oltre a questo citerei il documento INAIL dal titolo “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione.” che fornisce un modello interessante di valutazione. Lo stesso riporta che “C’è la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) atte a prevenire il rischio di infezione SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia”. La stessa INAIL ha chiarito che l’infezione da Coronavirus può essere considerata “infortunio sul lavoro”.

Per concludere, considerando come precauzioni minime da adottare quelle emanate dalle autorità in materia, ritengo che una valutazione dei rischi sia un passaggio obbligato oltre che doveroso. Anche se non in presenza di un aumento evidente del rischio per il lavoratore, è necessario formalizzare le procedure adottate in modo da dimostrare l’attenzione prestata nell’affrontare il problema. Che non vuol dire per forza aggiornare il DVR.

Rimane invece chiaro l’obbligo di procedere con un aggiornamento formale del Documento di valutazione dei rischi nel caso di un aumento oggettivo del rischio al quale viene sottoposto il lavoratore rispetto alla popolazione “comune”. Questo permette di formalizzare se, quando e come aumentare il livello di protezione durante l’attività lavorativa. I DPCM non lo prevedono nel dettaglio.

Dimenticavo: si parla ovviamente del “rischio biologico” ma non dimentichiamoci della valutazione del rischio “chimico”: che prodotti usiamo in azienda per le sanificazioni?


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Pubblicato il 09-05-2020

Commento di Sbertani

Un aggiornamento su questo argomento sul sito LINK a firma mia e dell'Avvocato Paolo Noli

Aggiornato il 16-05-2020

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