Marketing e Comunicazione | di Sbertani
Come uscire dagli schemi per differenziarsi con il Disruptive Marketing
Potremmo definire il Disruptive Marketing come una filosofia dirompente capace di sovvertire le logiche tradizionali, abbracciando innovazione e creatività per conquistare i mercati. In effetti è proprio così. I principi cardine sono proprio la rottura verso i modelli classici precostituiti per migrare verso approcci innovativi e anticonformisti. Sono certamente sfide coraggiose alle cosiddette “norme consolidate” per creare nuovi spazi e nuove opportunità.
Questo spostamento della filosofia aziendale - e quindi delle derivanti attività di marketing - avviene abbandonando le classiche, ripetitive e prevedibili strategie di comunicazione a favore di soluzioni originali. I teorici della materia parlerebbero di pensiero laterale.
Ma entriamo nel pratico e cerchiamo di capirne qualcosa di più.
Tenendo conto del potenziale dirompente del marketing disrupted, potremmo certo dire che la sua naturale applicazione è collocabile in occasione di cambi generazionali o tecnologici che le imprese intraprendono lungo il loro cammino. Parliamo di disruptive innovation come nel caso della Tesla con l’introduzione dell’elettrico nell’automotive o della Apple quando introdusse il Macintosh negli anni Ottanta e soprattutto il primo iPod con all’interno migliaia di brani musicali.
Ma potrei citare Netflix, Amazon, WhatsApp, Wikipedia, Airbnb e molte altre aziende che, magari anche solo reinterpretando i modelli di business tradizionali, sono riuscite ad anticipare i bisogni delle persone e rivoluzionare i mercati. Quando poi i consumatori iniziano a seguire aziende “disrupted”, per le altre - o per interi settori - è l’inizio di una potenziale fine. Porto come esempio la catena Blockbuster, il settore della fotografia e l’Agfa, il settore musicale, con Spotify, quello librario con la stampa “on demand” e dei negozi di computer e videogame molto diffusi negli anni Novanta ed ora ridotti a pochi casi. Importante è comprendere che non si tratta solo di un semplice cambiamento tecnologico (sarebbe banale pensarlo) ma un vero e proprio cambiamento culturale, di paradigma.
Ma può essere utile solo in questi casi?
Il processo di cambiamento stimolato da queste strategie di “rottura” può risultare utile anche in mercati tutto sommato stabili, anche solo per diversificarsi dalla concorrenza. Un esempio clamoroso sono le campagne pubblicitarie della casa funeraria Taffo o la campagna del marchio Dove de 2004 dal titolo "Real Beauty", spesso citata come caso di studio. Se la prima ha puntato su pubblicità ironiche e dissacranti per differenziarsi dalla più classica concorrenza, la Unilever ha puntato sulla donna con diverse taglie, altezze, età e caratteristiche fisiche per rompere lo schema abusato della donna “perfetta” - la modella da passerella - nella quale le potenziali clienti certamente non si identificavano. Oltretutto la campagna invitava ad inviare le proprie fotografie per partecipare all'iniziativa, rafforzando il messaggio, alimentando l'engagement e la fidelizzazione nel brand attraverso meccanismi di identificazione.
Stò parlando di esperienze memorabili capaci di superare le aspettative del pubblico, che puntano allo sviluppo di una brand identity forte e distintiva basata su valori autentici.
Ma sono tutte rose e fiori? Certo che no.
Cambiare paradigma, cambiare approccio, rompere gli schemi e cercare di portare i consumatori fuori dalla loro zona di comfort può essere rischioso.
Penso sempre, e sicuramente non solo io, alla campagna di Burger King che, qualche anno fa, propose un’immagine di un panino ammuffito - certamente differenziante - con lo scopo di trasmettere il concetto di prodotto “naturale” privo di conservanti. Come è stata accolta dal pubblico? Non lo sappiamo ma certamente qualche reazione l’ha generata.
A parte gli scontati aspetti sociali ed etici, che non dovrebbero mai essere sottovalutati, ogni attività di marketing ha i suoi pro e contro. Nel caso del Disruptive Marketing dobbiamo fare i conti soprattutto la sensibilità delle persone. Qualcuno potrebbe valutare la nostra idea negativamente.
Che dire in conclusione? il Disruptive Marketing rappresenta una filosofia dirompente capace di rivoluzionare i mercati e il modo in cui le aziende approcciano il cliente. Abbracciando l'innovazione, la creatività, l'autenticità e l’etica, è possibile ottenere un vantaggio competitivo significativo e costruire un futuro di successo.
Importante è farlo con prudenza.
Questo spostamento della filosofia aziendale - e quindi delle derivanti attività di marketing - avviene abbandonando le classiche, ripetitive e prevedibili strategie di comunicazione a favore di soluzioni originali. I teorici della materia parlerebbero di pensiero laterale.
Ma entriamo nel pratico e cerchiamo di capirne qualcosa di più.
Tenendo conto del potenziale dirompente del marketing disrupted, potremmo certo dire che la sua naturale applicazione è collocabile in occasione di cambi generazionali o tecnologici che le imprese intraprendono lungo il loro cammino. Parliamo di disruptive innovation come nel caso della Tesla con l’introduzione dell’elettrico nell’automotive o della Apple quando introdusse il Macintosh negli anni Ottanta e soprattutto il primo iPod con all’interno migliaia di brani musicali.
Ma potrei citare Netflix, Amazon, WhatsApp, Wikipedia, Airbnb e molte altre aziende che, magari anche solo reinterpretando i modelli di business tradizionali, sono riuscite ad anticipare i bisogni delle persone e rivoluzionare i mercati. Quando poi i consumatori iniziano a seguire aziende “disrupted”, per le altre - o per interi settori - è l’inizio di una potenziale fine. Porto come esempio la catena Blockbuster, il settore della fotografia e l’Agfa, il settore musicale, con Spotify, quello librario con la stampa “on demand” e dei negozi di computer e videogame molto diffusi negli anni Novanta ed ora ridotti a pochi casi. Importante è comprendere che non si tratta solo di un semplice cambiamento tecnologico (sarebbe banale pensarlo) ma un vero e proprio cambiamento culturale, di paradigma.
Ma può essere utile solo in questi casi?
Il processo di cambiamento stimolato da queste strategie di “rottura” può risultare utile anche in mercati tutto sommato stabili, anche solo per diversificarsi dalla concorrenza. Un esempio clamoroso sono le campagne pubblicitarie della casa funeraria Taffo o la campagna del marchio Dove de 2004 dal titolo "Real Beauty", spesso citata come caso di studio. Se la prima ha puntato su pubblicità ironiche e dissacranti per differenziarsi dalla più classica concorrenza, la Unilever ha puntato sulla donna con diverse taglie, altezze, età e caratteristiche fisiche per rompere lo schema abusato della donna “perfetta” - la modella da passerella - nella quale le potenziali clienti certamente non si identificavano. Oltretutto la campagna invitava ad inviare le proprie fotografie per partecipare all'iniziativa, rafforzando il messaggio, alimentando l'engagement e la fidelizzazione nel brand attraverso meccanismi di identificazione.
Stò parlando di esperienze memorabili capaci di superare le aspettative del pubblico, che puntano allo sviluppo di una brand identity forte e distintiva basata su valori autentici.
Ma sono tutte rose e fiori? Certo che no.
Cambiare paradigma, cambiare approccio, rompere gli schemi e cercare di portare i consumatori fuori dalla loro zona di comfort può essere rischioso.
Penso sempre, e sicuramente non solo io, alla campagna di Burger King che, qualche anno fa, propose un’immagine di un panino ammuffito - certamente differenziante - con lo scopo di trasmettere il concetto di prodotto “naturale” privo di conservanti. Come è stata accolta dal pubblico? Non lo sappiamo ma certamente qualche reazione l’ha generata.
A parte gli scontati aspetti sociali ed etici, che non dovrebbero mai essere sottovalutati, ogni attività di marketing ha i suoi pro e contro. Nel caso del Disruptive Marketing dobbiamo fare i conti soprattutto la sensibilità delle persone. Qualcuno potrebbe valutare la nostra idea negativamente.
Che dire in conclusione? il Disruptive Marketing rappresenta una filosofia dirompente capace di rivoluzionare i mercati e il modo in cui le aziende approcciano il cliente. Abbracciando l'innovazione, la creatività, l'autenticità e l’etica, è possibile ottenere un vantaggio competitivo significativo e costruire un futuro di successo.
Importante è farlo con prudenza.
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Aggiornato il 29-03-2024