
Life style | Post di Sbertani
Giovani e Intelligenza Artificiale: i rischi della delega estrema
Per le nuove generazioni, nate e cresciute in un mondo già digitalizzato, l’Intelligenza artificiale non rappresenta una novità tecnologica, ma una presenza familiare, quasi scontata. Questo rapporto istintivo con strumenti sempre più evoluti, se da un lato facilita l’accesso all’informazione e la risoluzione di problemi complessi, dall’altro solleva questioni profonde legate alla crescita personale, alla formazione del pensiero critico e alla costruzione dell’identità, o meglio il nostro essere unici.
Diversi studi hanno già evidenziato un effetto chiamato “Google Effect”: sapere che l’informazione è facilmente reperibile online, riduce il nostro sforzo di memorizzarla. Con l’IA il fenomeno si amplifica: non solo cerchiamo, ma lasciamo che la macchina pensi al posto nostro.
Personalmente, sono molto preoccupato dalla tendenza a delegare eccessivamente all’IA e, in particolare, non solo compiti ripetitivi e complessi. Affidarsi agli algoritmi che operano su base statistica per rispondere a un messaggio, completare un compito scolastico o sostituirci per una particolare compito, può sembrare comodo, ma rischia di innescare un processo graduale e pericoloso: quello della rinuncia alla fatica e al pensare.
Quella che definirei una ”delega artificiale artificiosa” : una scelta che appare innovativa e funzionale, ma che nasconde una rinuncia. Una delega "artificiale" nel mezzo, ma "artificiosa" nelle motivazioni.
Ogni volta che deleghiamo una scelta, anche piccola, stiamo un po’ allenando la nostra mente a non scegliere. È una forma di disallenamento cognitivo che, se reiterata, può portare a una dipendenza passiva dagli strumenti e a un indebolimento dell'autonomia personale.
Alcuni studi condotti dal MIT Media Lab, hanno evidenziato un calo dell'attività cerebrale quando si usa ChatGPT per scrivere, legata oltretutto ad una maggiore produzione di contenuti omogenei e privi di personalità (contenuto detto Soulless). Per intenderci, uno scritto realizzato con una IA generativa rischia di essere Soulless se non viene personalizzato.
Un'altra ricerca nel Regno Unito ha trovato una correlazione tra l’uso frequente di IA e una riduzione del pensiero critico nei giovani, che tendono a “scaricare” il pensiero sull’algoritmo stesso. Perché impegnarsi se l’IA lo fa in 5 secondi?
Molti giovani oggi utilizzano l’IA come primo canale per ottenere risposte, spesso considerandole più affidabili del proprio giudizio. Questo può ridurre la capacità di porsi domande, di ragionare in profondità e di costruire idee proprie. Quando si evita sistematicamente il confronto con la complessità, proprio perché un sistema lo semplifica in pochi secondi, si rischia di perdere la confidenza con l’incertezza, con il dubbio, con la pazienza dedicata alla riflessione. Eppure, è proprio durante quel prezioso tempo che si formano la coscienza critica, la personalità e la consapevolezza.
Tuttavia, non è corretto né utile ridurre l’intelligenza artificiale a una minaccia.
Se usata consapevolmente, può rappresentare un prezioso alleato. L’IA ha infatti la straordinaria capacità di sollevarci da attività ripetitive e meccaniche, che spesso assorbono tempo ed energie. In questo modo ci permette di liberare risorse mentali da dedicare a ciò che conta davvero: la creatività, la relazione umana, la strategia, l’approfondimento, la cura.
Quante volte ci sentiamo dire, o diciamo noi stessi “non ho avuto tempo”?
In realtà, spesso è il tempo a essere mangiato da compiti che potremmo delegare questa volta si in modo intelligente.
Non si tratta pertanto di negare o evitare l'uso di applicazioni di Intelligenza artificiali, ma di scegliere quando usarle, per cosa, e con quale coscenza.
Credo che insegnare alle nuove generazioni a non temere la tecnologia, ma nemmeno a cederle il proprio ruolo umano, sarà una delle sfide educative più urgenti dei prossimi anni.
In fondo, il vero obiettivo non è proteggere i giovani dall’Intelligenza artificiale, ma renderli capaci di usarla senza mai smettere di essere pienamente umani.
Diversi studi hanno già evidenziato un effetto chiamato “Google Effect”: sapere che l’informazione è facilmente reperibile online, riduce il nostro sforzo di memorizzarla. Con l’IA il fenomeno si amplifica: non solo cerchiamo, ma lasciamo che la macchina pensi al posto nostro.
Personalmente, sono molto preoccupato dalla tendenza a delegare eccessivamente all’IA e, in particolare, non solo compiti ripetitivi e complessi. Affidarsi agli algoritmi che operano su base statistica per rispondere a un messaggio, completare un compito scolastico o sostituirci per una particolare compito, può sembrare comodo, ma rischia di innescare un processo graduale e pericoloso: quello della rinuncia alla fatica e al pensare.
Quella che definirei una ”delega artificiale artificiosa” : una scelta che appare innovativa e funzionale, ma che nasconde una rinuncia. Una delega "artificiale" nel mezzo, ma "artificiosa" nelle motivazioni.
Ogni volta che deleghiamo una scelta, anche piccola, stiamo un po’ allenando la nostra mente a non scegliere. È una forma di disallenamento cognitivo che, se reiterata, può portare a una dipendenza passiva dagli strumenti e a un indebolimento dell'autonomia personale.
Alcuni studi condotti dal MIT Media Lab, hanno evidenziato un calo dell'attività cerebrale quando si usa ChatGPT per scrivere, legata oltretutto ad una maggiore produzione di contenuti omogenei e privi di personalità (contenuto detto Soulless). Per intenderci, uno scritto realizzato con una IA generativa rischia di essere Soulless se non viene personalizzato.
Un'altra ricerca nel Regno Unito ha trovato una correlazione tra l’uso frequente di IA e una riduzione del pensiero critico nei giovani, che tendono a “scaricare” il pensiero sull’algoritmo stesso. Perché impegnarsi se l’IA lo fa in 5 secondi?
Molti giovani oggi utilizzano l’IA come primo canale per ottenere risposte, spesso considerandole più affidabili del proprio giudizio. Questo può ridurre la capacità di porsi domande, di ragionare in profondità e di costruire idee proprie. Quando si evita sistematicamente il confronto con la complessità, proprio perché un sistema lo semplifica in pochi secondi, si rischia di perdere la confidenza con l’incertezza, con il dubbio, con la pazienza dedicata alla riflessione. Eppure, è proprio durante quel prezioso tempo che si formano la coscienza critica, la personalità e la consapevolezza.
Tuttavia, non è corretto né utile ridurre l’intelligenza artificiale a una minaccia.
Se usata consapevolmente, può rappresentare un prezioso alleato. L’IA ha infatti la straordinaria capacità di sollevarci da attività ripetitive e meccaniche, che spesso assorbono tempo ed energie. In questo modo ci permette di liberare risorse mentali da dedicare a ciò che conta davvero: la creatività, la relazione umana, la strategia, l’approfondimento, la cura.
Quante volte ci sentiamo dire, o diciamo noi stessi “non ho avuto tempo”?
In realtà, spesso è il tempo a essere mangiato da compiti che potremmo delegare questa volta si in modo intelligente.
Non si tratta pertanto di negare o evitare l'uso di applicazioni di Intelligenza artificiali, ma di scegliere quando usarle, per cosa, e con quale coscenza.
Credo che insegnare alle nuove generazioni a non temere la tecnologia, ma nemmeno a cederle il proprio ruolo umano, sarà una delle sfide educative più urgenti dei prossimi anni.
In fondo, il vero obiettivo non è proteggere i giovani dall’Intelligenza artificiale, ma renderli capaci di usarla senza mai smettere di essere pienamente umani.
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Aggiornato il 04-07-2025