Ai marketing strategy

Web, Internet e New media | Post di Sbertani

L’intelligenza artificiale come nuovo intermediario digitale: i veri rischi dietro una grande opportunità

Per anni abbiamo inseguito la promessa del digitale: automatizzare, scalare, convertire. Abbiamo investito in e-commerce, SEO, funnel e CRM collegati al web con un obiettivo chiaro: vendere di più sfruttando la rete.

Oggi, l’intelligenza artificiale sembra volerci fare compiere il passo successivo: rispondere al cliente, consigliarlo, accompagnarlo all’acquisto. Tutto senza che il cliente entri davvero in contatto con noi. Sembra un progresso, ma per chi fa impresa potrebbe essere un pericoloso punto di rottura. Se l’intelligenza artificiale inizia a vendere per noi, è il segnale che sta iniziando a possedere il nostro mercato.

La domanda, allora, non è quanto venderai grazie all’AI, ma a chi apparterrà il cliente finale!

Una riflessione a 360 gradi

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando – di nuovo – il modo in cui vendiamo. Dopo aver assistito alla trasformazione dei mercati digitali grazie alla SEO, all’e-mail marketing e alle piattaforme di advertising, ci troviamo oggi davanti a una nuova ondata: l’AI generativa che intercetta, anticipa e soddisfa i bisogni del cliente prima ancora che questi atterrino sul nostro sito.

Un cambiamento affascinante ma però cela un rischio enorme: quello di perdere definitivamente il controllo del nostro business.

Le nuove soluzioni AI, integrate direttamente nei motori di ricerca o nelle app di assistenza digitale, promettono esperienze d’acquisto immediate e senza attriti. Un cliente chiede, l’agente AI risponde, consiglia e finalizza. Senza passare dal nostro sito. Senza leggere la nostra storia. Senza conoscerci.

In apparenza, tutto diventa più semplice. Ma per chi vende, diventa anche molto più fragile.

Se un tempo si investiva in SEO per emergere nel mare della concorrenza sfruttando parole chiave sapientemente selezionate, domani si investirà per “farsi scegliere” da un algoritmo. Un algoritmo che, in fin dei conti, non è nostro.
In verità è un sistema che interpreta, seleziona, decide sulla base di fattori magari a noi sconosciuti. E se sbaglia? E se cambiano le regole? E se improvvisamente non ci include più?

Il rischio è concreto

Le aziende stanno delegando troppo alle piattaforme, troppo ai marketplace, troppo ai tool di AI che promettono vendite automatizzate.

Il risultato? Brand che faticano a costruire relazioni autentiche, venditori che non parlano più con i propri clienti, imprese che si fidano di strumenti che servono soprattutto i loro interessi. È forse il momento di rallentare e di rimettere al centro le persone. Tornare a fare quello che le imprese sanno fare meglio da sempre: costruire relazioni, ascoltare bisogni, generare fiducia nei loro clienti.

Non si tratta di rinnegare l’AI, ma di riconoscerne i limiti. Non possiamo pensare che un’intelligenza artificiale possa sostituire del tutto il contatto diretto, l’esperienza umana, la nostra rete di conoscenze locale. Può certamente fornirci dei dati e degli strumenti per comunicare meglio, ma non basta.

Forse è il momento di tornare a un business più semplice, più sicuro, più locale. Un business dove la tecnologia è di supporto, non un intermediario onnipotente. Dove il cliente non è solo un “dato da analizzare”, ma una persona da conoscere. Dove la vendita non è un flusso automatico, ma un dialogo.

Perché, alla fine, l’unico modo per non farsi "dimenticare"… è essere presenti. In prima persona. Con la propria voce. Con la propria faccia.

E sì, anche attraverso una semplice stretta di mano.

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Aggiornato il 30-05-2025

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