Marketing e Comunicazione | Post di Sbertani
Tradizione vs innovazione: comunicazione e stile narrativo al centro del nuovo Goldrake U
In questi giorni, l'arrivo su Rai 2 della nuova serie del robot Goldrake, intitolata Grandizer U, ha suscitato un acceso dibattito tra nostalgici della prima serie degli anni Settanta e giovani appassionati di anime di oggi. Una polarizzazione che mi ricorda la faida "Sanremo Sì, Sanremo No".
Come professionisti del marketing e della comunicazione, il nostro compito è analizzare l’opera con oggettività, andando oltre le emozioni personali. In questo articolo, provo ad analizzare con occhio analitico i primi quattro episodi andati in onda in anteprima assoluta il 6 gennaio, concentrandomi su tre aspetti fondamentali: target, produzione e share.
Target: parlare a più pubblici senza perdersi
La serie si rivolge chiaramente ai giovani appassionati di manga, utilizzando un linguaggio visivo e narrativo contemporaneo. lo dimostra lo stile grafico e soprattutto le tecniche sia di animazione sia di doppiaggio anche in lingua originale. Tuttavia, si notano alcuni tentativi di accontentare i fan storici che sembrano però forzati. Ad esempio, giustificare i nomi di alcuni personaggi, italianizzati nella versione originale, come “soprannomi” appare poco efficace. Quando si tratta di comunicazione, è un errore cercare di parlare a tutti con lo stesso tono: ogni target richiede un linguaggio specifico.
Per chi si occupa di marketing, questo è un promemoria importante. La coerenza è cruciale. Personalizzare troppo un messaggio per adattarlo a pubblici diversi rischia di indebolirne l’efficacia complessiva e scatenare la critica. Invece, è meglio segmentare il pubblico e offrire messaggi distinti ma coerenti con il brand.
Produzione: restare aderenti con una logica contemporanea
La nuova versione di Goldrake, come detto, segue chiaramente una logica moderna. Lo stile visivo, il tono narrativo e persino le musiche riflettono i gusti delle nuove generazioni. Critiche come “musiche schifose” - che ho letto - ignorano il fatto che si tratta di un prodotto pensato per un mercato globale, senza l’adattamento musicale tipico del secolo scorso che, proprio in Italia, era considerato normale. Le famose sigle. Questo è un prodotto del 2024: pensare che possa seguire gli standard del 1978 è ingenuo.
Come comunicatori, dobbiamo sapernaccettare che ogni epoca ha il suo linguaggio. Noi cinquantenni apprezziamo per esempio Bon Jovi mentre i giovani seguono i rapper che cantano con l'autotune. Insistere nel giudicare un prodotto fuori dal nostro tempo è controproducente. Dobbiamo imparare a riconoscere cosa funziona per il target di riferimento, anche se non incontra i nostri gusti personali.
Share: una verifica oggettiva del successo di un'iniziativa
Che se ne dica, con uno share superiore al 5% in una serata competitiva — un derby di calcio per una finale di Supercoppa e una prima serata di Rai1 basata sulla Lotteria nazionale — la serie ha ottenuto un risultato notevole. Questo dato dimostra che c’è un pubblico attivo e interessato, anche in un contesto mediatico difficile.
Quando parliamo di numeri, non esistono i classici, e spesso fastidiosi, "secondo me".
Da una prospettiva di marketing - ricordiamoci che queste sono produzioni che hanno lo scopo di essere vendute - è fondamentale riconoscere il valore di questi numeri. La capacità di posizionarsi con successo in un mercato saturo è un segno di una strategia ben pianificata, almeno dal punto di vista della distribuzione e del timing.
Per noi professionisti, la lezione è chiara: per emergere è essenziale scegliere il momento giusto per il lancio di un prodotto, soprattutto quando ci si confronta con concorrenti consolidati.
Ma perché nascono conflitti e divisioni?
La polarizzazione nasce spesso da aspettative personali disattese. I fan storici si aspettavano una versione che celebrasse il passato, mentre il prodotto è stato pensato per un pubblico diverso, giovane. Questo contrasto crea frustrazione, che si traduce in critiche feroci.
Non vorrei spingermi troppo pensando che qualche tentativo di "arruffianarsi" noi "vecchietti italiani" possa aver contribuito ad alterare le aspettative ma, per chi si occupa di marketing, la lezione è importante: gestire le aspettative del pubblico è fondamentale. La trasparenza anche durante la fase di lancio può aiutare a evitare delusioni.
Comunicare chiaramente il posizionamento di un prodotto — per chi è pensato, quale problema risolve e soprattutto cosa non è — può prevenire incomprensioni e aiuta la sua "vendita".
Quale in insegnamento possiamo portare a casa da questa esperienza?
1. Conoscere il Target: Prima di tutto, definiamo con precisione il nostro pubblico e creiamo una comunicazione su misura. Non cerchiamo di parlare a tutti: il rischio è non parlare a nessuno.
2. Segmentare i Messaggi: Se abbiamo più segmenti di pubblico, usiamo strategie differenziate ma coerenti. La coerenza è essenziale per mantenere la fiducia nel nostro brand.
3. Gestire le Aspettative: Durante il lancio, cerchiamo di essere i più chiari possibili su cosa il nostro prodotto offre e cosa no. Non lasciamo che siano i clienti a colmare le lacune con le loro fantasie.
Ma soprattutto, accettiamo i cambiamenti. Il mondo cambia, e così anche i gusti e i linguaggi. Non giudichiamo un prodotto con parametri per noi soggettivi e, magari, superati: impariamo ad apprezzarne la logica e la rilevanza nel presente. Se un prodotto funziona per il target, allora è un successo, anche se non incontra i nostri gusti personali. Lasciamo da parte i pregiudizi e valutiamo infine i risultati sulla base di dati concreti.
Grandizer U, al netto delle critiche, è un prodotto che sta raggiungendo il suo pubblico. E questo, alla fine, è ciò che conta nel marketing: comunicare con efficacia, raggiungere il target e ottenere risultati positivi misurabili.
A livello personale, non ho molto apprezzato alcuni tentativi "grossolani" di farlo sembrare più "vicino" alla narrazione storica rispetto a quello che in effetti è. Ma la storia, liberato da quella sorta di diffidenza che certo non aiuta quando si affrontano le novità, man mano che si è sviluppata mi ha coinvolto e alla fine mi ha tenuto attaccato alla tv. Per gli autori, forse, con me l'obiettivo è stato raggiunto!
Come professionisti del marketing e della comunicazione, il nostro compito è analizzare l’opera con oggettività, andando oltre le emozioni personali. In questo articolo, provo ad analizzare con occhio analitico i primi quattro episodi andati in onda in anteprima assoluta il 6 gennaio, concentrandomi su tre aspetti fondamentali: target, produzione e share.
Target: parlare a più pubblici senza perdersi
La serie si rivolge chiaramente ai giovani appassionati di manga, utilizzando un linguaggio visivo e narrativo contemporaneo. lo dimostra lo stile grafico e soprattutto le tecniche sia di animazione sia di doppiaggio anche in lingua originale. Tuttavia, si notano alcuni tentativi di accontentare i fan storici che sembrano però forzati. Ad esempio, giustificare i nomi di alcuni personaggi, italianizzati nella versione originale, come “soprannomi” appare poco efficace. Quando si tratta di comunicazione, è un errore cercare di parlare a tutti con lo stesso tono: ogni target richiede un linguaggio specifico.
Per chi si occupa di marketing, questo è un promemoria importante. La coerenza è cruciale. Personalizzare troppo un messaggio per adattarlo a pubblici diversi rischia di indebolirne l’efficacia complessiva e scatenare la critica. Invece, è meglio segmentare il pubblico e offrire messaggi distinti ma coerenti con il brand.
Produzione: restare aderenti con una logica contemporanea
La nuova versione di Goldrake, come detto, segue chiaramente una logica moderna. Lo stile visivo, il tono narrativo e persino le musiche riflettono i gusti delle nuove generazioni. Critiche come “musiche schifose” - che ho letto - ignorano il fatto che si tratta di un prodotto pensato per un mercato globale, senza l’adattamento musicale tipico del secolo scorso che, proprio in Italia, era considerato normale. Le famose sigle. Questo è un prodotto del 2024: pensare che possa seguire gli standard del 1978 è ingenuo.
Come comunicatori, dobbiamo sapernaccettare che ogni epoca ha il suo linguaggio. Noi cinquantenni apprezziamo per esempio Bon Jovi mentre i giovani seguono i rapper che cantano con l'autotune. Insistere nel giudicare un prodotto fuori dal nostro tempo è controproducente. Dobbiamo imparare a riconoscere cosa funziona per il target di riferimento, anche se non incontra i nostri gusti personali.
Share: una verifica oggettiva del successo di un'iniziativa
Che se ne dica, con uno share superiore al 5% in una serata competitiva — un derby di calcio per una finale di Supercoppa e una prima serata di Rai1 basata sulla Lotteria nazionale — la serie ha ottenuto un risultato notevole. Questo dato dimostra che c’è un pubblico attivo e interessato, anche in un contesto mediatico difficile.
Quando parliamo di numeri, non esistono i classici, e spesso fastidiosi, "secondo me".
Da una prospettiva di marketing - ricordiamoci che queste sono produzioni che hanno lo scopo di essere vendute - è fondamentale riconoscere il valore di questi numeri. La capacità di posizionarsi con successo in un mercato saturo è un segno di una strategia ben pianificata, almeno dal punto di vista della distribuzione e del timing.
Per noi professionisti, la lezione è chiara: per emergere è essenziale scegliere il momento giusto per il lancio di un prodotto, soprattutto quando ci si confronta con concorrenti consolidati.
Ma perché nascono conflitti e divisioni?
La polarizzazione nasce spesso da aspettative personali disattese. I fan storici si aspettavano una versione che celebrasse il passato, mentre il prodotto è stato pensato per un pubblico diverso, giovane. Questo contrasto crea frustrazione, che si traduce in critiche feroci.
Non vorrei spingermi troppo pensando che qualche tentativo di "arruffianarsi" noi "vecchietti italiani" possa aver contribuito ad alterare le aspettative ma, per chi si occupa di marketing, la lezione è importante: gestire le aspettative del pubblico è fondamentale. La trasparenza anche durante la fase di lancio può aiutare a evitare delusioni.
Comunicare chiaramente il posizionamento di un prodotto — per chi è pensato, quale problema risolve e soprattutto cosa non è — può prevenire incomprensioni e aiuta la sua "vendita".
Quale in insegnamento possiamo portare a casa da questa esperienza?
1. Conoscere il Target: Prima di tutto, definiamo con precisione il nostro pubblico e creiamo una comunicazione su misura. Non cerchiamo di parlare a tutti: il rischio è non parlare a nessuno.
2. Segmentare i Messaggi: Se abbiamo più segmenti di pubblico, usiamo strategie differenziate ma coerenti. La coerenza è essenziale per mantenere la fiducia nel nostro brand.
3. Gestire le Aspettative: Durante il lancio, cerchiamo di essere i più chiari possibili su cosa il nostro prodotto offre e cosa no. Non lasciamo che siano i clienti a colmare le lacune con le loro fantasie.
Ma soprattutto, accettiamo i cambiamenti. Il mondo cambia, e così anche i gusti e i linguaggi. Non giudichiamo un prodotto con parametri per noi soggettivi e, magari, superati: impariamo ad apprezzarne la logica e la rilevanza nel presente. Se un prodotto funziona per il target, allora è un successo, anche se non incontra i nostri gusti personali. Lasciamo da parte i pregiudizi e valutiamo infine i risultati sulla base di dati concreti.
Grandizer U, al netto delle critiche, è un prodotto che sta raggiungendo il suo pubblico. E questo, alla fine, è ciò che conta nel marketing: comunicare con efficacia, raggiungere il target e ottenere risultati positivi misurabili.
A livello personale, non ho molto apprezzato alcuni tentativi "grossolani" di farlo sembrare più "vicino" alla narrazione storica rispetto a quello che in effetti è. Ma la storia, liberato da quella sorta di diffidenza che certo non aiuta quando si affrontano le novità, man mano che si è sviluppata mi ha coinvolto e alla fine mi ha tenuto attaccato alla tv. Per gli autori, forse, con me l'obiettivo è stato raggiunto!
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Aggiornato il 11-01-2025