Marketing moderno vs marketing tradizionale

Marketing e Comunicazione | di Sbertani

Rivoluzione in Nike: un ritorno al passato che potrebbe cambiare il futuro del marketing

Il recente e improvviso avvicendamento ai vertice di Nike, con l'uscita di John Donahoe e il ritorno di Elliott Hil (da Il Sole 24 ore), solleva interrogativi interessanti su ciò che oggi potrebbe essere davvero vincente nella gestione aziendale, commerciale e di marketing. In un mondo dominato dalla velocità e dall’innovazione digitale, ci si potrebbe chiedere se forse un ritorno a un’impostazione più tradizionale possa ancora fare la differenza.

Il ritorno di Hill, dirigente storico di Nike, potrebbe essere interpretato come un tentativo di riportare in azienda un approccio basato sulla profonda conoscenza del brand e sulle relazioni dirette con i consumatori. In un'epoca in cui il marketing digitale sembra prevalere - parlo di quello frenetico, isterico e spesso troppo poco empatico - e sovrastare ogni cosa, forse si inizia ad avvertire il bisogno di ricollegarsi a metodi più consolidati e ponderati.

Ma può un approccio tradizionale, più lento e misurato, reggere il confronto con la necessità di innovazione continua e la necessità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti?

Da un lato, l’esperienza di Hill rappresenta senza dubbio un patrimonio prezioso: la sua lunga carriera in Nike lo ha visto attraversare diverse fasi del mercato e contribuire alla crescita del marchio in maniera significativa.

Uscendo dal caso specifico, tutto questo mi fa riflettere sul fatto che forse, la magia, risieda proprio nella capacità di leggere i segnali del mercato con saggezza e lungimiranza, adattandosi senza perdere di vista i valori fondamentali dell’azienda e del fatto che i clienti sono persone.

Forse, in un mondo che cambia così rapidamente, un approccio più tradizionale può ancora essere la chiave del successo in mercati altamente concorrenziali.

La sfida potrebbe risiedere nel trovare un corretto equilibrio?

Non credo si tratti di abbandonare l’innovazione, ma piuttosto di integrarla con la saggezza e l’esperienza di chi conosce profondamente il brand, insieme a chi conosce e sa applicare con scienza e coscienza quel marketing capace di mantenere relazioni durature con il proprio mercato di riferimento.

Nike, richiamando Hill, sembra voler scommettere sull’idea che forse un ritorno ai fondamenti del marchio, unito all’esperienza maturata in decenni di leadership, possa essere la risposta ai suoi problemi. È una mossa che, nel caso, ci dovrebbe invitare a riflettere sul fatto che, in un’era di innovazione continua, l’esperienza può ancora rivelarsi come fattore determinante.

Oggi come non mai, in un mondo caratterizzato da una comunicazione rapida e aggressiva, il ritorno a un marketing empatico, capace di costruire un vero legame con il proprio pubblico, potrebbe essere la chiave per affrontare le sfide dei mercati e distinguersi dalla concorrenza.

Il marketing non dovrebbe essere visto come una macchina da corsa che spinge al massimo i pistoni, rischiando di rompersi dopo pochi giri, ma piuttosto come un vecchio diesel: robusto, resiliente, forse più lento, ma capace di arrivare al traguardo entrando in sintonia con il proprio guidatore, facendosi amare per la sua affidabilità e capacità di durare nel tempo.

Ma amare anche dai propri tifosi che sono i clienti.​

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Aggiornato il 20-09-2024

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